Black or white ?
Keniota. Etiope, etiope. Keniota. Etiope.
Le lepri si danno il cambio e tengono protetto nel gruppetto di testa il favorito. Visi seri, quasi alienati. Smorfie di fatica: assenti.
Si scompongono solo al tavolo del rifornimento. Unicamente colpa della scarsa esperienza. Spiega Migidio Bourifa che tiene la telecronaca della corsa. Quasi inciampano uno con l’altro. Ma dopo aver afferrato ciascuno la propria borraccia, il gruppetto si ricompone. E ricomincia la corsa al passo di 3 al chilometro verso il Colosseo.
Maratona di Roma. Domenica 17 marzo 2013.
Focalizzo la mia attenzione sul movimento delle loro gambe. Dal bacino in giù. Sembrano ballerini. Una falcata dolce, ampia e leggera ma ritmata e costante. Accarezzano il terreno con gli avampiedi e scandiscono il tempo a suon di passi.
E’ dominio nero. Sia nel gruppetto di testa degli uomini che, poco dietro, delle donne.
La cuoriostà è spontanea: da cosa dipende questo dominio? Dagli elevati altopiani del loro paese, dalla loro alimentazione oppure dal fatto che molti bambini ogni giorno corrono chilometri e chilometri per raggiungere le scuole?
Tutte e nessuna.
Il Prof. Saltin del Centro di Ricerca Muscolare dell’Università di Copenaghen ha scoperto che nel sangue dei keniani si accumula meno acido lattico rispetto ai colleghi runners caucasichi in risposta al medesimo sforzo. Questo potrebbe spiegare perchè i keniani riescano a resistere meglio allo sfinimento. Un vantaggioso patrimonio genetico ottimizzato da un effiace allenamento.
I top runner etiopi, poi, vivono già a 1600 m e si allenano a 2000 m.
I keniani e gli etiopi, quindi, pare che brucino meno ossigeno rispetto agli atleti bianchi per compiere il medesimo sforzo.
Gli atleti “di colore”, oltretutto, sono più leggeri dei colleghi bianchi e le loro gambe son più lunghe e sottili (ecco perchè quella meravigliosa danza del giro di gambe!!). Il movimento delle gambe, infatti, consuma molta energia e se sono più leggere, sono anche più “economiche”.
I loro tendini, inoltre, sono in grado di esprimere una miglior capacità elastica. Questo consente una minor spinta del piede a terra e, pertanto, un ulteriore risparmio di energia e un minor spreco di tempo. I polpacci degli atleti di colore pesano circa 400 g in meno rispetto a quelli degl atleti bianchi.
Ma non è tutto. E l’alimentazione?
L’alimentazione del Kenia e dell’Etiopia è, innanzitutto, ipocalorica. Nel senso che non si mangia meno di quanto si abbia bisogno ma ci si alimenta a sufficienza senza abusare del cibo.
Questo permette di avere le giuste energie per correre le lunghe distanze e mantenere il peso forma.
In questi paesi si supera la soglia di povertà per cui il cibo è più che disponibile ma continua ad essere un valore.
E la loro alimentazione è priva di carboidrati raffinati. Niente farine bianche in quantità eccessive, niente zucchero e, soprattutto, niente dolci. Cibi che, invece, spesso abbondano sulle tavole dei paesi industrializzati.
Un allenamento ottimale per le lunghe distanze, dove si alternano saggiamente allenamenti a bassa intensità ed allenamenti a cambio di ritmo, nonché percorsi piani alternati da percorsi collinari, combinati ad adeguati tempi di recupero. Ed un’alimentazione bilanciata tra carboidrati e proteine -e grassi- con un apporto adeguato di quegli zuccheri raffinati come pane, pasta, zucchero da cucina, bibite gassate e dolci.
Mangiare quanto basta, senza eccessi, per correre più velocemente. Questo, forse, è il loro vero segreto!
Foto: http://www.zoo.org.au/melbourne/animals/zebra
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