Digiuno intermittente e rischio di malattie cardiache. Facciamo chiarezza
Una forma popolare di digiuno intermittente, la dieta 16:8, potrebbe essere collegata a un rischio più elevato di morte per malattie cardiache. A suggerirlo è un nuovo studio. Per essere più precisi, i ricercatori hanno scoperto che le persone che riferivano di mangiare in una finestra minore di 8 ore al giorno, rispetto a quelle che sostenevano di farlo in 12-16 ore al giorno, avevano un rischio quasi doppio di morire di malattie cardiache. Tuttavia, il disegno dello studio solleva interrogativi sulla forza di questa conclusione e sono necessarie ulteriori ricerche per comprendere appieno gli effetti a lungo termine del consumo di cibo limitato nel tempo.
Lo studio sul digiuno intermittente
Lo studio, presentato all’Epidemiology and Prevention|Lifestyle and Cardiometabolic Health Scientific Sessions 2024 dell’American Heart Association, ha analizzato i dati di oltre 20.000 adulti negli Stati Uniti. I ricercatori hanno scoperto che coloro che consumavano tutte le calorie giornaliere entro una finestra di massimo 8 ore avevano un rischio maggiore del 91% di morire di malattie cardiovascolari rispetto a coloro che mangiavano in un periodo di 12-16 ore.
Esiti preoccupanti, ma lo studio è da completare
Questi risultati sono in contrasto con molti studi precedenti che riscontrano benefici di un’alimentazione limitata nel tempo per la salute cardiovascolare e metabolica. Lo studio completo non è stato ancora pubblicato, è a oggi (19 marzo 2024) in fase peer review (valutazione critica che un lavoro o una pubblicazione riceve da parte di specialisti aventi competenze analoghe a quelle di chi ha prodotto l’opera). Nel frattempo, potrebbero emergere differenze nelle caratteristiche di base dei gruppi di consumo a tempo limitato che potrebbero spiegare questi risultati singolari. In ogni caso, sebbene questi esiti siano preoccupanti, è fondamentale considerare i limiti dello studio.
I limiti dello studio americano
Per prima cosa, la ricerca si è basata sulle informazioni dietetiche riportate dai partecipanti, che potrebbero non sempre riflettere accuratamente i loro modelli alimentari. Inoltre, lo studio non ha tenuto conto di fattori come la qualità dei nutrienti della dieta dei partecipanti o di altri fattori legati allo stile di vita che potrebbero fortemente influenzare la salute cardiovascolare.
I risultati contrastanti rispetto a precedenti ricerche che mettevano in luce i potenziali benefici del digiuno intermittente, come il miglioramento della pressione sanguigna, della glicemia e dei livelli di colesterolo, sottolineano la necessità di studi più rigorosi e a lungo termine per comprendere appieno l’effetto dell’alimentazione limitata nel tempo sulla salute generale.
Ripartiamo da qui
Nonostante i loro limiti, però, i risultati della ricerca hanno anche alcuni meriti per sviluppare ulteriori indagini:
1. Innanzitutto, c’è poca ricerca umana a lungo termine sul digiuno intermittente, quindi studi come questo sono cruciali per approfondire la nostra comprensione della pratica;
2. Questo studio è un ottimo esempio di come i risultati a breve termine non sempre garantiscano anche un impatto benefico a lungo termine;
3. Può darsi che il digiuno intermittente aiuti le persone a perdere peso a breve termine e migliori alcuni marcatori metabolici, ma non fornisca benefici cardiovascolari duraturi.
In ogni caso, ciò che è chiaro è che non è tanto quanto digiuniamo o il deficit calorico, bensì la qualità della nostra alimentazione nella finestra di tempo in cui ci alimentiamo e il nostro stile di vita!
Quindi, digiuno intermittente sì o no?
La raccomandazione è sempre quella di confrontare uno specialista della salute prima di iniziare ogni forma di digiuno intermittente che possa analizzare obiettivi di benessere e valori di salute. A contare sul nostro benessere è soprattutto come ci alimentiamo e ci muoviamo ogni giorno!
Riferimenti bibliografici:
Foto: Marta Baffi
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