Idratazione: sì o no?
La vita di ciascuno di noi è connotata dalla possibilità di scegliere. Lo stesso accade per lo scienziato che dopo osservazioni, riflessioni, esperimenti e nuove osservazioni giunge, infine, ad una conclusione. Se ripetendo l’esperimento la medesima conclusione continua a riconfermarsi, ecco che l’evidenza diviene un fatto certo. Ma come ogni certezza, è bene, alle volte, metterla in dubbio. E’ d’altronde proprio dal dubbio che è possibile la crescita. Anche qualora una teoria venisse, non smentita, bensì riconfermata.
E’ il caso, per esempio, dell’idratazione dell’atleta. Sono decenni che si studia la sua importanza per la salute e la performance. E’ ormai da tempo che si eseguono esperimenti, si osservano gli atleti, si suggeriscono indicazioni pratiche. L’idratazione è fondamentale. Questo è certo. La prestazione, infatti, è compromessa quando un individuo è disidratato del 2% del peso corporeo. Con una disidratazione pari al 3% del peso corporeo si ha una riduzione del VO2max del 5%. Le perdite superiori al 5% del peso corporeo, infine, possono ridurre la capacità di lavoro di circa il 30% (Armstrong et al 1985; Craig e Cummings 1966; Racinais S. et al., 2015).
E se allenarsi leggermente disidratati fosse vantaggioso per adattarsi alla fatica muscolare durante le competizioni? La disidratazione, poi, potrebbe ridurre il peso corporeo e quindi favorire la prestazione in quelle discipline caratterizzate dal trasporto del proprio peso come ad esempio la corsa e lo sci di fondo. Ma è davvero così? Scopriamolo.
Purtroppo no. Sembrano, infatti, essere più gli svantaggi dei vantaggi. Secondo recenti studi scientifici l’idratazione è un fattore essenziale per favorire l’adattamento agli stimoli di allenamento. E quindi non solo in gara. La carenza di acqua e minerali, infatti, altera la geometria della membrana delle cellule. Questo evento compromette l’ottimale loro funzionamento. La disidratazione, così, stimola la proteolisi, la glicolisi, il catabolismo ormonale aumentando le concentrazioni dell’ormone cortisolo mettendo così l’organismo in una situazione di “attacca o scappa” ovvero di allerta.
Una carenza di idratazione forse può esser vantaggiosa o comunque non dannosa per la salute e la performance solo per quelle discipline la cui prestazione ha una durata inferiore ai 30 minuti come nei 1500 m su pista, i 5000 m e i 10000 m (ma bisogna correre davvero forte!). Attenzione. Solo ne caso in cui l’atleta sia acclimatato, già di per sé sudi poco e che durante l’esercizio abbia una perdita di liquidi inferiore al 3%. Ma anche in questo caso, in realtà, sono maggiori i rischi rispetto ai benefici. Si pensi, infatti, che anche nelle discipline di mezzofondo e velocità, ad esempio, dell’atletica leggera un corretto stato di idratazione riduce il rischio di traumi muscolare.
In definitiva, il consiglio è quello di concentrarsi sull’idratazione sia in allenamento che in gara e, al termine dell’esercizio, reidratarsi quanto prima al fine di favorire un ottimale recupero di tutte le sostanze utilizzate in corso di esercizio da parte delle cellule.
Bibliografia:
- Armstrong L.E., Costill D.L., Fink W.J. Influence of diuretic-induced dehydration on competitive running performance. Med Sci Sports Exerc. 1985.
- Baker L.B. et al. Normative data for regional sweat sodium concentration and Whole body sweating rate in athletes. J Sports Sci, 2016.
- Craigs E.N., Cummings E.G. Dehydration and muscular work. J Appl Physiol 1966.
- Lang F. Effect of cell hydration on metabolism. Nestle Nutr Inst Workshop Ser., 2011.
- Racinais S. et al., Consensus reccomendations on training and competing in the heat. Br. J. Sports Med. 2015.
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