La maratona. E’ maschio o femmina?
Con le quattro zampe umide me ne sto sulle foglie gialle d’autunno.
La mia coda è infreddolita e umida.
Mentre intorno a me, podisti, di ogni specie e razza, corrono imperturbabili. Agghindati con accessori ipertecnologici.
Solo ogni tanto qualcuno, alienato dai suoi passi, mi salta sopra. Per schivarmi. Come fossi un’ostacolo. Quello alto e umido del tremila siepi. Che anticipa la fossa. Piena di acqua.
E atterra splash nella pozzanghera oltre me. Schizzandomi gocce d’acqua fangose. Sul muso.
Annuso l’aria con la punta del mio tartufo nero e umido.
E avverto odor di maratona. La regina delle corse.
Carpi Venezia New York Torino. E ora Firenze. Ma anche Reggio Emilia. E via nell’anno nuovo. Di corsa. Sempre di corsa.
Uomini e donne di ogni età popolano i parchi e le piste ciclabili ma anche i marciapiedi delle città.
Non si rinuncia a correre. E lo si fa non appena si può.
Il desiderio principe è star bene. Il desiderio sublime è indossare il pettorale. Quel Pettorale.
Maratona di Firenze 2013. Record d’iscritti. Oltre 11 mila pettorali. Di cui quasi 8900 uomini e quasi 1800 donne.
Un numero non indifferente.
La città già vibra. Scossa dai passi e dalle emozioni.
Chi avrà il passo migliore tra uomini e donne?
Il dato di fatto è che gli uomini son più veloci rispetto alle donne. E questo è certo.
Eppure le ricerche scientifiche suggeriscono che le donne hanno una miglior capacità di resistenza.
Le donne rispetto agli uomini sono in grado di consumare più lipidi nella stessa unità di tempo a scopo energetico. Si può affermare che abbiano una potenza lipidica maggiore. Di natura.
Questo consente loro di ossidare più lipidi e preservare maggiormente le riserve di glicogeno, rispetto ai colleghi uomini. Diminuendo anche il rischio di “sbattere contro al muro dei 33 km”.
Meno veloci ma più resistenti. Ed è anche per questo che più si allunga la distanza, minore è il gap tra uomini e donne.
Come si può osservare nel campionato mondiale di Ironman (la massima espressione dell’endurance), a Kona (Hawaii), dove non c’è da stupirsi se le donne, spesso, corrono più forte di molti uomini.
E’ successo nel 2011 con la sorridentissima inglese Wellington. E si è ripetuto quest’anno con la neozelandese Carfrae. Le due Iron atlete avevano corso la maratona (frazione che nell’Ironman conclude la gara) con il 4 e 5° miglior tempo assoluto.
Consumando più zuccheri e meno lipidi, gli uomini tendono a rallentare nei chilometri finali della maratona, rispetto alle colleghe che rimangono, invece, più costanti. Indipendentemente dall’età e dall’esperienza.
Non solo. Le donne sembrano adattarsi meglio alla temperatura ambientale. Ciò grazie, probabilmente, alla maggior superficie corporea delle donne rispetto alla massa maschile, il che consente una miglior dissipazione del calore attraverso la pelle.
Ma, a pensarci bene, dopo tutto, che la maratona sia maschio o femmina, rimane sempre una forte emozione. Da vivere.
Con o senza pettorale. Corridore o spettatore che tu sia.
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