Migliorare la tolleranza al dolore. Ecco come
“Vince chi lo desidera di più, ricorda”. Erano le parole del mio allenatore. Uno dei migliori che abbia mai avuto. Anzi, il migliore, senza ombra di dubbio. Mi ripeteva questo mantra mentre mi accompagnava al pontile prima di ogni gara. Barca in spalla e remi in mano mi interrogavo sul significato di questa affermazione. Ma la risposta arrivava presto, pochi minuti dopo. Esattamente circa 6 dopo lo start. Quegli ultimi 500 metri di gara infatti erano infiniti. Ma non solo per me, per tutte. E si trattava in un momento di crisi di tirar fuori ogni risorsa, fisica e mentale. Ma anche qualche preghiera non avrebbe guastato, se solo avessi avuto la lucidità per recitarla. L’acido lattico annebbiava la mente e irrorava i muscoli delle gambe, delle braccia, della schiena di un ph talmente basso da credermi morta. Una fatica così nello sport non l’avevo mai provata. Mi domandavo se mai avrei potuto allenare tale sopportazione della fatica e migliorare la tolleranza -oltre che la performance- di quegli ultimi, ma in terminabili, 500 metri. Che poi spesso, diciamocelo, erano proprio loro a cambiare le sorti di una gara. Potevi esser rimasto in testa per 1500 m col tuo equipaggio o esserti staccato per primo dai blocchi di partenza, ma poco importava. Era essenziale giungere ai millecinque più lucido degli altri, o meglio, meno appannato degli avversari. E mi interrogavo su come allenare questa capacità. Senza dubbio parte di questo talento ha sede nel nostro DNA, ma sentivo che con la mia volontà qualcosa di attivo potessi fare per sganciarmi, almeno per un paio di minuti, dall’espressione dei miei geni.
L’esercizio di endurance induce un dolore muscolare acuto che aumenta con l’intensità e con la durata dello sforzo. L’abilità a tollerare il dolore è considerata un fattore importante per l’ottimale esecuzione -e riuscita- dell’esercizio ad alta intensità. L’intensità dello sforzo altera la percezione del tempo, dilatandolo al crescere dell’intensità ma è dimostrato che la ripetuta esposizione all’allenamento ad alta intensità stimola il miglioramento della tolleranza al dolore, indipendentemente dall’aumento della capacità aerobica indotto dall’allenamento di endurance. In pratica non basta allenarsi di più o più a lungo o più spesso. E’ necessario conoscere con precisione gli stimoli di allenamento a cui sottoporsi. Non è sufficiente, infatti, fortificare la base del metabolismo dell’endurance, cioè la capacità aerobica; è indispensabile toccare ripetutamente l’apice della sua piramide e a volte anche oltre. Come?
La chiave del successo è sempre lui: l’allenamento intervallato ad alta intensità (HIIT). In uno studio, infatti, hanno proposto ad un gruppo di soggetti volontari 6 settimane di allenamento su cicloergometro eseguendo un protocollo di HIIT composto da 6-8 serie da 5′ ad un’intensità molto alta, pari a quell’intensità che si trova a metà strada tra la soglia lattacida e il massimo consumo di ossigeno. Parallelamente ad un altro gruppo della medesima esperienza e grado di allenamento hanno fatto eseguire per lo stesso periodo di tempo 60-80′ al 90% della soglia lattacida. E’ risultato che entrambi i protocolli hanno vantaggi simili sul miglioramento della capacità aerobica ma solo l’HIIT aumenta del doppio il tempo di esaurimento. Inoltre sempre HIIT consente un aumento della tolleranza al dolore, beneficio che invece l’allenamento di tipo continuato non offre.
Per questo motivo, quando nelle discipline di endurance si desidera aumentare la tolleranza al dolore, risulta vantaggioso abbinare alle sedute aerobiche continuate, alcune sedute ad elevata intensità. Grazie a quest’ultime, infatti, è possibile, tra le altre cose, testare le medesime intensità, se non superiori, che si concretizzeranno durante la competizione.
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