Milano Marathon 2019: analisi tecnica di un’edizione incredibile

Posted by Elena Casiraghi 9 Aprile 2019 0 Comment 4282 views

E’ stata una Milano Marathon così incredibile quella di domenica 7 aprile 2019, che non si poteva non fare un’analisi tecnica che considerasse un aspetto sfuggito, forse, a molti. Titus Ekiru ha vinto la Milano Marathon con un tempo da urlo mai visto in Italia: 2h04’46”. Tutto questo nonostante le tantissime curve, più di 70. Tanti, infatti, i cambi di direzione contati da Stefano Baldini – già vincitore della maratona alle Olimpiadi di Atene 2004 – in un’analisi confidenziale del percorso il giorno prima della partenza. Altri due, però, sono i fatti che hanno lasciato il segno in questo rilevamento cronometrico. La prima è che il 27enne keniano non ha perso alcun ristoro, rifornendosi tra acqua, sali minerali e carboidrati ogni 5 km. Esattamente come il manuale del buon maratoneta suggerisce. Rischiando però, dall’altra parte, di perdere qualcosina nel tempo complessivo. La seconda, invece, è che Titus – che oltretutto per le sue misure antropometriche ricorda più un pivot della pallacanestro – ha corso gli ultimi 12 km senza guardare l’orologio.

Analisi Tecnica | Milano Marathon

Credit: Milano Marathon

A fornirgli indicazioni sul passo è stato uno dei suoi compagni di corsa. Fino al 30° km però, dove, dopo un saluto alla sua compagna, si è diretto al traguardo in completa solitudine.  Certo, davanti a lui c’era l’auto del primo uomo col cronometro, ma nessuna ulteriore indicazione. Uno sguardo agli edifici del centro di Milano – o almeno così faceva pensare il suo sguardo leggero e al tempo stesso appassionato durante la corsa – e via, di buon passo.

L’analisi tecnica ispirata dalla Milano Marathon: l’uso di gps, cardiofrequenzimetri e misuratori di potenza

Quello che è successo alla Milano Marathon, mi ha ispirata a scrivere un’analisi tecnica che riguardasse l’importanza o meno dell’uso sempre più crescente della tecnologia nel mondo del podismo, anche perché, nessun aspetto della nostra vita quotidiana, oggigiorno, sembra esser privo dell’inarrestabile progresso della tecnologia. Tanto meno l’allenamento. Ogni sportivo, infatti, ha accesso a diversi dispositivi elettronici per monitorare le sessioni di allenamento e le competizioni. E’ possibile ottenere così tante informazioni che una schermata spesso non è sufficiente per tenerle d’occhio tutte quante. Ma la domanda è: sono davvero tutte così importanti? Alcune ricerche scientifiche, oltre all’esperienza del keniano Ekiru alla Milano Marathon, suggeriscono che non è necessariamente così. O meglio, ve ne sono alcune, non più di un paio, che sono preziose e rappresentano un valore aggiunto al miglioramento della forma fisica, ma che spesso non vengono prese in considerazione. Scopriamole insieme.

Milano Marathon | Analisi Tecnica

Allenarsi e/o gareggiare con o senza cronometro: l’analisi tecnica (e scientifica) dell’Università di Groningen

In un recente studio scientifico pubblicato sul Front Physiology Journal alcuni ricercatori olandesi hanno deciso di indagare come alcuni ciclisti esperti potessero controllare una prova a cronometro senza l’ausilio di dispositivi elettronici, supponendo che senza tali dispositivi certamente sarebbe stato più complicato distribuire e gestire lo sforzo, con il conseguente peggioramento della prestazione. Nella pratica, venti ciclisti sono stati suddivisi in due gruppi. Il gruppo A senza dispositivo e il gruppo B con dispositivo e, quindi, con riferimenti di velocità, frequenza cardiaca, potenza, cadenza, tempo trascorso e distanza percorsa. Ciascuno dei ciclisti doveva coprire una prova “all out”, cioè “a tutta” – per dirla come si mangia. Cos’è successo? Dopo la prova i ricercatori hanno analizzato i dati, scoprendo con sorpresa che i due gruppi di ciclisti avevano pedalato alla stessa velocità. Anche i dati di potenza erano molto simili. Lo stesso dicasi per la percezione dello sforzo, molto simile tra tutti gli atleti. L’unica differenza era che i ciclisti senza riferimenti avevano effettuato più allunghi nella fase finale della prova.

Quali dati si devono considerare in una analisi tecnica di questo tipo?

Come in ogni cosa, il buon senso deve essere sempre il faro che guida le nostre riflessioni. E’ quindi necessario cogliere il valore positivo di ogni esperienza. La tecnologia esiste ed è di grande supporto. Questo è un dato di fatto. E’ necessario però utilizzarla per il contributo che può fornire. A volte, gli eccessi dei dati che i dispositivi, o meglio i device – per dirla come gli inglesi – forniscono, possono confondere. Poco e bene. La frequenza cardiaca è utile non solo come guida nelle zone di allenamento ma, soprattutto, anche per conoscere il nostro stato di forma, osservando quanto rapidamente si riduce verso i valori basali tra le prove, ad esempio, oppure al termine della seduta di allenamento. GPS? Snì. A volte può essere di prezioso supporto, ma il mio consiglio è quello di effettuare l’allenamento di recupero attivo senza device, per esempio. Anche i Watt possono essere un valore da tenere in considerazione ma solo se abbiamo già confidenza con il nostro muscolo cardiaco. Qual è allora il dato che conta di più? La propria sensibilità. Sapersi ascoltare è il valore da inserire sempre sulla schermata principale del proprio dispositivo.

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