Nuovo Contador ? Più salita, meno dolci
Buone notizie oggi dalla Rosea che dedica una pagina intera a Contador.
Alberto Contador è tornato il numero 1 al mondo. Dopo il caso doping per clenbuterolo.
Dopo la -deludente- stagione scorsa erano in molti ad averne il dubbio. Dopo la squalifica, infatti, c’era stato il ritorno trionfante alla Vuelta 2012, ma il 2013 aveva portato incertezza.
Quello di oggi, invece, appare essere un Contador differente.
Che cosa è cambiato?
Tante cose. Soprattutto ha aumentato il numero di ore di allenamento, dichiara.
“L’anno scorso non riuscivo a stare così tante ore in bici perché non stavo bene e ad un certo punto dovevo tirare la gamba indietro. Poi ho cambiato l’alimentazione ed il metodo di allenamento”.
Lavori in quota, aumento della forza e un freno ai carboidrati.
Ecco la miscela vincente. Scopriamo insieme quali sono i vantaggi:
1. Allenamento in quota
L’utilizzo dell’altitudine come stimolo allenante è una pratica che ha origine negli anni ’60 ed è ormai diventata parte integrante del piano di allenamento di ogni atleta che pratichi sport di resistenza ad alto livello. E’ un metodo che si basa sull’adattamento del corpo all’ipossia, ovvero alla scarsa quantità di ossigeno, o meglio, come accade in quota ad una pressione dell’ossigeno più elevata rispetto all’aria del livello del mare. E questa situazione ambientale permette modificazioni nel sangue e nel muscolo: il sangue si arricchisce di globuli rossi ed emoglobina, aumentando la sua capacità di trasportare ossigeno al muscolo che lavora, e favorisce la cessione dell’ossigeno dal sangue al muscolo; migliora inoltre la capacità tampone del plasma, quindi la capacità di fronteggiare l’aumento dell’acido lattico. Nel muscolo poi aumenta la capillarizzazione e questo permette una maggior irrorazione del sangue al muscolo che lo richiede: più ossigeno e nutrienti, ovvero maggior efficienza.
Si tratta di un metodo efficace solo se condotto con precisi protocolli. E’ bene, pertanto, affidarsi ad un allenatore e metodologo dell’allenamento per ottenere consistenti benefici e contenere il rischio, invece, di errori nella preparazione e malesseri fisiologici.
2. Aumento della forza
Un muscolo più forte è un muscolo più prestativo e resistente. Anche nelle discipline di endurance.
Un muscolo più forte, è un muscolo che si affatica di meno. E diviene più performante anche nelle ultimi fasi della gara.
Una seduta di forza negli sport di resistenza, come in questo caso nel ciclismo, permette oltretutto di contenere il rischio di infortuni.
Vuoi saperne di più? Leggi: Che forza l’endurance!
3. Un freno ai carboidrati
Il problema degli ultimi decenni è che siamo diventati dipendenti dai carboidrati, a causa dell’importante consumo di zuccheri che si assorbono rapidamente e delle loro quantità che si assumono. Ciò ha portato anche ad un peggioramento della prestazione sportiva. L’atleta, specialmente quello occidentale, ha fatto dei carboidrati la chiave della sua alimentazione, perdendo così via via la capacità innata dell’organismo di consumare i grassi a scopo energetico.
Pasta, riso, pasta, riso. Questo sembra essere il menu dei ciclisti.
Ma in pochi -vedi Contador e Team Sky- hanno compreso che per andare forte, davvero forte, è vantaggioso limitare i carboidrati a rapido assorbimento come pasta, riso e pane -specie prima dell’esercizio fisico- e consumare, invece, in più larga quantità quelli che hanno un tempo di assorbimento più lento come la verdura, l’avena decorticata e gli alimenti integrali più ricchi di fibre.
Questo, infatti, permette all’atleta di endurance di preservare le 1600-2000 calorie che derivano dal glicogeno (riserva del corpo di zuccheri) e utilizzare quella fonte energetica quasi infinita: i grassi.
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Pesce d’aprile?! No, nessun pesce d’aprile: provare per credere!
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