Omega 3 e rischio di morte per COVID-19: lo studio pilota

Posted by Elena Casiraghi 21 Gennaio 2021 1 Comment 5000 views

Che gli omega 3 facciano bene lo dice la scienza. In un unico aggettivo potremmo descrivere il loro potere: essenziale. Come essenziali sono loro: gli acidi grassi omega 3. Una potente definizione che sta a indicare due aspetti: in primo luogo che il nostro organismo ne ha un importante e indiscutibile bisogno per star bene e in secondo che esso non è in grado di produrli e deve necessariamente assumerli dall’alimentazione o dall’integrazione alimentare. A stabilire un ulteriore loro beneficio è un recente studio pilota che rivela che i pazienti con più omega 3 nel sangue hanno avuto minor probabilità di morire di COVID-19. Vuoi saperne di più? Continua a leggere.

Lo studio

Gli acidi grassi omega 3 a catena molto lunga (EPA e DHA) hanno proprietà antinfiammatorie che possono aiutare a ridurre le complicanze e la mortalità da infezione da COVID-19. Il Cedars-Sinai Medical Center (Los Angeles) ha condotto uno studio pilota su 100 pazienti ricoverati per testare l’ipotesi che i livelli di EPA e DHA presenti nel sangue sarebbero stati inversamente associati al rischio di morte analizzando i campioni di sangue durante il ricovero dei pazienti infetti. L’analisi ha così mostrato prove suggestive che il rischio di morte per COVID-19 era inferiore in quelli con i più alti livelli ematici di omega 3. Una sorprendente scoperta anche se si tratta in ogni caso di risultati preliminari che devono essere confermati in studi più ampi. Ma questa prima analisi porta con sé una preziosa notizia: gli acidi grassi omega 3 si rivelano ancora una volta importanti alleati del benessere. Anche nella risoluzione da infezioni profonde. Il motivo? È presto detto.

Gli omega 3: un esercito di resolvine

Gli acidi grassi omega 3 sono in grado di tamponare gli effetti negativi pro-infiammatori derivati dall’eccesso di produzione di acido arachidonico, ma soprattutto di favorire la produzione di resolvine, responsabili della risoluzione dell’infiammazione. Alla base dell’infezione da COVID-19 infatti c’è una patologia di carattere infiammatorio. A questo punto, per meglio comprendere il legame omega 3- risoluzione è indispensabile conoscere la biologia dell’infiammazione per imparare a contenerla e a risolverla. Per farlo ci vengono in aiuto 3 R: ridurre, risolvere e riparare. 3 stadi – quelli dell’infiammazione – che portano con sé la soluzione.

Dentro di noi esiste sempre una certa dose di infiammazione. È così per natura. Il problema è che più si alzano i valori di infiammazione minore è la capacità dell’organismo di frenare gli attacchi dei patogeni, cioè virus e batteri. L’infiammazione pertanto deve essere mantenuta entro certi livelli ottimali, né troppa né troppo poca. In questa maniera l’organismo saprà difendersi e in caso di infezione sarà in grado di attivare un’efficace risposta risolutiva. Di risolvere cioè l’infezione, per dirla come si mangia. 

In definitiva

Il COVID-19, la malattia causata dalla sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2 (SARS-CoV-2), è stata diagnosticata in oltre 80 milioni di persone in tutto il mondo alla fine del 2020 e oltre 1,8 milioni sono morte. Sebbene l’81% degli individui sintomatici abbia una malattia relativamente lieve, il 14% ha sviluppato una malattia grave caratterizzata da dispnea, ipossia o coinvolgimento polmonare maggiore del 50%, con il restante 5% che sviluppa una malattia critica caratterizzata da insufficienza respiratoria, shock e/o disfunzione multiorgano. La malattia grave e critica da COVID-19 è associata all’avanzare dell’età (soprattutto oltre i 65 anni), al genere maschile, alle malattie polmonari croniche, all’obesità, alle malattie cardiovascolari, tra le quali ipertensione, diabete e altre condizioni mediche croniche.

La scienza oggi ha mostrato che se pur l’organismo umano non abbia potenti meccanismi difensivi contro batteri e virus, ciò che può fare attivamente è allenare la capacità di risoluzione dall’infezione da questi agenti patogeni. L’attività fisica – costante e ad intensità moderata (almeno 30 minuti al giorno) – e la nutrizione ad oggi si rivelano due potenti strumenti. In particolare strategici, come conferma questo studio pilota, sono da un lato la riduzione del consumo di omega 6 e zuccheri e dall’altro l’integrazione di acidi grassi omega 3 da fonti marine, purificati e concentrati in EPA e DHA.

Lo studio: Asher A. Et al. Blood omega-3 fatty acids and death from COVID-19: A Pilot Study. MedRxiv, 2021

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