Quella fame dopo il nuoto
Quella fame atavica che ti prende dopo il nuoto è indescrivibile.
Ti assale e ti logora. Molto vicina ad un istinto primitivo. Vorace.
Quelle volte che dopo la seduta di nuoto divoreresti un brontosauro. E quanto altro sufficiente a saziarti.
E la cosa curiosa è che la stessa fame non si materializza, con la medesima intensità e insistenza, dopo una seduta di altra disciplina, come dopo un’uscita in bici o un allenamento di pari durata o intensità di corsa.
Questa situazione la patisci ancor di più quando nuoti al mattino, specialmente nelle prime ore: per il resto della giornata ti tocca dartela a gambe. Per sfuggire a questa fame insaziabile che ti insegue.
Non è un caso se i nuotatori sono tra gli atleti che assumono maggior volume e densità di alimenti durante le loro giornate.
Ma come si può spiegare questa fame insistente che ci assale dopo una seduta di nuoto?
La prima causa è connessa al fluido in cui il corpo è immerso quando nuotiamo, ovvero all’acqua. E altresì alla sua temperatura.
In acqua, sia per il tipo di fluido a contatto con la cute, sia per la sua temperatura, infatti, la termoregolazione corporea si modifica rispetto alla situazione a secco, cioè a terra.
In uno studio di White et al. (2005) è stato osservato che i nuotatori immersi in acqua a 20 gradi avvertivano maggior fame rispetto agli stessi nuotatori immersi in acqua a 30 gradi a seguito della seduta.
La cosa curiosa è che questi atleti, per soddisfare la loro fame, a fine seduta, desideravano alimenti a base di carboidrati.
Il motivo è che il nuoto tende ad aumentare il quoziente respiratorio. Si tratta della miscela di aria consumata dall’organismo, più nello specifico, dell’anidride carbonica prodotta dal metabolismo secondo la quota di ossigeno da esso consumata.
Più semplicemente si potrebbe affermare che il nuoto aumenta il metabolismo, ovvero la spesa energetica che l’organismo utilizza per far fronte alle sue funzioni vitali, come, ad esempio respirare. A causa delle energie che deve spendere, dopo la seduta, per ristabilire la termoregolazione a terra.
Più è elevato il quoziente respiratorio, maggiore è la quota di carboidrati che si consumano a partire dalle riserve energetiche dell’organismo. Non è, pertanto, un caso che dopo un allenamento in piscina si desideri alimenti contenenti principalmente carboidrati. Un caso di fame selettiva: quando la carenza guida alla scelta.
Il pericolo, però, è che per saziare tale fame ci si alimenti senza cognizione di causa, ingerendo in maniera bulimica alimenti non vantaggiosi allo stimolo dell’allenamento appena indotto. E, altresì, mangiando con voracità non si possa avvertire la sazietà.
Col rischio di ingrassare e non rendere efficace l’allenamento.
Com’è possibile allora saziarsi e ottimizzare la seduta in acqua appena svolta?
Mangiare sì ma con consapevolezza.
Scegliendo in primis alimenti solidi che, rispetto a quelli in forma liquida (es. shakers o frullati), permettono una maggior sazietà e gratificazione grazie alla maggior permanenza degli stessi nello stomaco.
E’ importante poi che lo spuntino avvenga nell’immediato post allenamento, in quella preziosa mezzora in cui l’organismo concede la sua massima efficacia a recuperare.
E che contenga sia carboidrati (per saturare le riserve di energia) che proteine (per ripristinare le fibre danneggiate o fornire ulteriori mattoni al muscolo).
Che ne dici di un frutto grande e di un pezzetto di formaggio? E se fosse una tazza di yogurt al naturale con avena e frutti di bosco?
Per i golosi una riga di cioccolato fondente e un cubetto di grana.
Per quelli che “il pane e la marmellata” aggiungano un po’ di ricotta vaccina. Sul pane caldo…slurp!
Per gli amanti del salato uno o due panini al latte (meglio integrali per fornire maggior sazietà) con prosciutto magro e formaggio.
A ciascuno il suo recovery meal. Col corretto timing di consumo.
Per annegare la fame…in maniera intelligente e gratificante!
Biblio:
White LJ, Dressendorfer RH, Holland E. Increased caloric intake soon after exercise in cold water. Int j Sports Nutr Exerc Met 2005; 15:38-47.
Foto:
Ph. Seth Casteel, Underwater dogs
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